Svolta nella fisica, abbiamo finalmente visto la gravità: esperimento quantistico rivela per la prima volta i gravitoni

I fisici propongono un nuovo esperimento per catturare gravitoni, particelle elusive che portano la forza gravitazionale utilizzando una barra di alluminio ultra fredda

Da oltre un secolo, il gravitone – la particella teorica che dovrebbe trasportare la forza di gravità – sembra più un mito che una realtà scientifica. Ora, un gruppo di fisici dell’Università di Stoccolma ha messo a punto un esperimento che potrebbe finalmente intrappolare questi elusivi fantasmi quantistici.

I gravitoni sono l’equivalente dei fotoni nel campo gravitazionale. Se i fotoni trasportassero la forza elettromagnetica, i gravitoni dovrebbero fare lo stesso per la gravità. Ma mentre i fotoni si lasciano catturare con un sorriso (basta una fotocamera), i gravitoni sono decisamente più schivi. Alcuni fisici, ormai sconfitti dalla loro invisibilità, sostengono addirittura che non li vedremo mai. Ma mai dire mai.

Il team di ricerca di Stoccolma, però, non si arrende. Ha proposto un esperimento che, almeno sulla carta, ha del potenziale. Ecco come funziona: prendete una barra di alluminio di 1.800 chili (sì, avete letto bene), raffreddatela a temperature vicine allo zero assoluto e collegatela a sensori quantistici. L’obiettivo? Rilevare le onde gravitazionali che attraversano il metallo. Quando succederà, la barra vibrerà impercettibilmente, e quei salti quantici registrati dai sensori potrebbero essere il segnale tanto atteso: un singolo gravitone.

Al momento, il problema è che questi sensori quantistici, che dovrebbero rilevare le minuscole vibrazioni, non sono ancora abbastanza sensibili. In pratica, è come cercare di ascoltare un sussurro durante un concerto rock. Ad ogni modo, i ricercatori sono ottimisti: credono che lo sviluppo di una tecnologia adeguata sia ormai dietro l’angolo. E se c’è una cosa che la scienza ci ha insegnato, è che dietro l’angolo potrebbe davvero esserci il futuro.

L’esperimento prende spunto dagli studi degli anni ’60 di Joseph Weber, un pioniere della ricerca sulle onde gravitazionali. Weber usava cilindri d’alluminio per tentare di catturare queste onde, ma i suoi risultati non furono mai confermati. Eppure, l’idea di base rimane buona: l’alluminio, con il giusto approccio, potrebbe essere il materiale perfetto per rilevare le vibrazioni causate dalle onde gravitazionali e, chissà, catturare un gravitone.

Cosa c’è in gioco?

Ma perché è così importante trovare i gravitoni? La gravità è una delle quattro forze fondamentali della natura, ma è anche quella che ci sfugge di più. Le altre forze hanno le loro particelle portatrici: i fotoni per l’elettromagnetismo, i gluoni per l’interazione forte e i bosoni W e Z per l’interazione debole. La gravità, però, sembra sempre giocare a nascondino con i fisici.

Trovare il gravitone significherebbe dare un volto alla gravità, e questo sarebbe il primo passo per inserirla in maniera definitiva nel Modello Standard della fisica. In altre parole: sarebbe come riuscire a mettere insieme l’ultimo pezzo di un puzzle che abbiamo iniziato a costruire decenni fa. E per una volta, non si tratta di un pezzo che è andato perso sotto il divano.

Se i fisici di Stoccolma riusciranno nel loro intento, il prossimo passo sarà osservare onde gravitazionali generate da fenomeni cosmici devastanti, come le collisioni tra stelle di neutroni. Eventi di questo tipo potrebbero generare un vero e proprio diluvio di gravitoni, ma solo una piccolissima parte di essi riuscirebbe a essere assorbita dalla barra di alluminio. Tuttavia, con i giusti sensori, anche quei pochi potrebbero bastare a fare la storia.

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Fonte: Nature Communications

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